La malattia: un ponte tra corpo e psiche

Come mente e psiche fanno parte di un tutt’uno che è l’uomo e come si può integrare la malattia in un concetto di salute

 

Per troppi anni la medicina e la psicologia  hanno considerato l’uomo come una  macchina fornita di diverse parti che si potevano guastare ed eventualmente riparare.  Ogni processo di malattia o di disagio psichico non aveva implicazioni con la mente e viceversa, come se l’uomo non fosse un tutt’uno.
Sempre di più attualmente sia la medicina che la psicologia stanno prendendo una diversa direzione che porta ad una visione integrata dell’uomo.
Che cosa dunque si intende quando parliamo di salute? L’’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità,  nel 1946  ha definito la salute come uno “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”; questa definizione implica che l’uomo non è fatto solo di parti sezionabili ma ha diversi piani che si intersecano. Aggiungerei oltre al benessere  fisico, psichico e sociale anche un aspetto spirituale a cui sempre di più ci si rivolge per completare uno stato di benessere.
Considero quindi la salute come uno stato ottimale in cui l’individuo vive in equilibrio tra le spinte esterne e quelle interne. Per spinte esterne mi riferisco all’ambiente che sia familiare, lavorativo o amicale, l’aspetto sociale in tutte le sue declinazioni, per spinte interne mi riferisco all’aspetto emotivo ed affettivo.
Sua maestà il cervello, è stato e forse lo è ancora, investito di una importanza e superiorità rispetto ad ogni altro nostro elemento che ci appartiene. Per molto tempo si è dato al cervello il ruolo di pensatore, con i suoi neuroni e i suoi neurotrasmettitori, ma oggi la scienza ha scoperto che tutto  il nostro corpo è intelligente; neuroni e neurotrasmettitori, coi loro recettori, sono ovunque. Nel cuore si contano circa 40.000 neuroni e nell’intestino se ne trovano all’incirca 500 milioni, tanto che già si parlava dell’intestino come il secondo cervello. Quindi possiamo pensare che ogni parte del nostro corpo abbia una sua intelligenza che la fa appartenere ad un tutt’uno che è un qualcosa d superiore, quasi prodigioso, rispetto alla somma delle parti. Ogni piccola cellula del nostro corpo con la sua sapienza contribuisce alla magia della vita; ma chi governa questa armonia vitale?
Qui entra in gioco la mente, o anima o  parte emotiva o come la vogliamo chiamare che con la sua maestria dirige il corpo come se fosse un direttore d’orchestra.
Sembra ormai accettato il pensiero che ci sia correlazione tra emozioni trattenute o non elaborate e sintomi fisici o psichici di malessere fino ad arrivare a situazioni cronicizzate di malattia. Quando non c’è più equilibrio ed armonia tra quello che proviamo e quello che possiamo esprimere o attuare nel nostro ambiente ecco che allora qualcosa va storto  e iniziano ad esprimere il loro disagio proprio i nostri organi.
Possiamo quindi supporre che ogni organo del nostro corpo abbia una sua intelligenza e anche una sua personalità, intesa come una sua struttura funzionale che richiama  a degli aspetti del modo in cui noi ci muoviamo nel mondo. Accade che talvolta non riconosciamo come nostre delle caratteristiche e quindi le proiettiamo nell’organo che invece funziona in base a quelle.
Mi spiego meglio; in ogni cellula del nostro corpo c’è la struttura genetica dell’intero individuo e in ogni organo, quindi, è presente l’informazione totale della persona.
Adriana Schnake, psichiatra cilena,  ha sviluppato un modo innovativo per approcciarsi alla malattia, sostenendo che ogni organo manda segnali di disagio profondo quando le sue caratteristiche di funzionamento non vengono accettate o riconosciute dalla persona. Quello che avviene è che le nostre parti ombra le proiettiamo sugli organi e quando accade, e l’organo non si sente riconosciuto, allora si lamenta e lo farà fin quando non saremo stati in grado di integrare ogni aspetto che vorremmo non possedere.  Del resto chi vorrebbe definirsi egoista? Ma quale accezione diamo al termine? Che credenze abbiamo legato ad ogni aspetto di personalità? Cosa vuol dire essere egoisti? Se per esempio volessimo pensarci come persone generose, altruiste o come comunemente si dice “persone di cuore” in realtà non ci riconosceremmo un aspetto funzionale del cuore come organo. Abbiamo mai pensato che il cuore non da mai niente senza ricevere lo stesso? Il cuore pompa sangue ma per farlo deve riceverlo. Non si può dare senza ricevere, anche nel volontariato c’è un tornaconto fosse anche il semplice fatto di sentirsi appagati dal fare del bene. Ecco allora che se riusciamo ad integrare entrambe queste funzioni allora il cuore può sentirsi riconosciuto e accettato.
Non considerare quindi la malattia come qualcosa che arriva dall’esterno e ci danneggia ma come un messaggio che qualcosa non sta funzionando e forse dare voce al corpo permette di scoprire aspetti di noi a cui non avevamo prestato attenzione.
Ogni organo che si ammala non è un qualcosa di estraneo ma siamo noi stessi, impariamo quindi a dire che non abbiamo un corpo, ma che noi quel corpo lo siamo.
Prendersi cura di se stessi implica un grande lavoro da fare con amore e dedizione. Ognuno di noi dovrebbe permetterselo. Curare il corpo non significa solo medicarlo una volta malato, ma significa prendersene cura ancor prima che ciò si verifichi. Prendiamo esempio dalla medicina cinese dove i medici venivano ricompensati fino a quando perdurava la salute e dovevano curare gratis, nella migliore delle ipotesi, quando il corpo si ammalava.
Ascoltiamo i segnali che ci arrivano dal corpo e connettiamoli con la nostra anima e insieme potremmo tornare ad un armonioso equilibrio.
Per tornare ad un sano equilibrio ognuno può arrivarci seguendo strade diverse, non che si escludono, ma che si integrano. Per esempio una psicoterapia può aiutare ad elaborare ed entrare in contatto con tutte quelle emozioni che non abbiamo potuto esprimere e che ci tengono bloccati in una esistenza sofferente. Una sofferenza di cui si fanno anche carico gli organi.